Aldo Montano

Riascoltavo l’intervista rilasciata alla giornalista Rai da Aldo Montano prima di affrontare gli assalti delle Olimpiadi. Riporto alcuni spezzoni:

Cronista: Cosa ti aspetti da questa quarta olimpiade?

Aldo Montano: …di divertirmi […] credo che il filo conduttore di una gara positiva, di una gara dove ne esci comunque contento è trovare la leggerezza di non considerare questa gara la più importante della vita, anche se poi effettivamente lo è; con leggerezza e divertirti, il piacere di misurarsi con avversari fortissimi che comunque conosci e conosci da un sacco di anni perché sono gli stessi della Coppa del Mondo e del Mondiale […]. Qua quando vedi quei cinque cerchi cambia qualcosa. Entra una magia strana che è tensione, voglia di vincere, voglia di lasciare un segno importante nella tua carriera […] la tensione spesso gioca brutti scherzi, a volte non ti fa fare cose che sei capace a fare in tutta la tua vita.

Cronista: La domanda sorge spontanea: hai più paura degli avversari o di te stesso?

A.M.: Spesso devi partire da te stesso, cercare di nascondere e nasconderti e cercare di essere più tranquillo per fare le azioni che altri non fanno per la tensione che suscita questa importante manifestazione.

Ascoltando atleti di così grande esperienza non si può fare a meno di notare come abbiano un livello di consapevolezza fuori dal comune, al di là di qualche scivolone nella banalità tra le domande della giornalista e le risposte “televisive”.

Mi è poi tornato alla mente un passaggio del libro di Pietro Trabucchi “Resisto dunque sono”, un vero e proprio manuale di resilienza: il concetto fondamentale è che le situazioni di stress sono tali per il valore che noi diamo loro. Di conseguenza (sintetizzando molto), si può dire che saremo tanto capaci di superare le difficoltà e lo stress, tanto più saremo in grado di dare un valore e un’interpretazione non stressogena delle situazioni che ci troviamo ad affrontare. Cito dal libro:

“Facciamo ora un esempio sportivo. Un atleta può vivere la stessa gara sportiva come un evento che si colloca tra questi due estremi: o come il giorno della resa dei conti definitiva tra il mondo e la propria autostima; oppure scegliere di vederla come fa Dawa Sherpa, come un evento tra quelli che scandiscono la vita di una grande famiglia (‘voi non siete i miei avversari, voi siete i miei amici, la mia famiglia’). […] in termini di risposta fisiologica, è probabile che chi decide di vedere le competizioni come il consuntivo irrevocabile del suo valore personale manifesterà nel pre-gara una serie di sintomi molesti: insonnia, ansia, incapacità di regolare l’attenzione sul compito, secchezza delle fauci, tachicardia, fame d’aria, ipertono muscolare e, ovviamente, un funzionamento intestinale molto più vivace. […] Chi vive la gara come il Giorno del giudizio del proprio valore tenderà a eludere (magari senza piena consapevolezza) le gare; oppure viverle con molta tensione, in una spirale disagio-evitamento che si autoalimenta. Chi invece vede la gara come il rendez-vous di una grande famiglia vivrà ogni competizione come un’opportunità e saprà ricevere insegnamenti da ogni gara.”

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About Nicola Bernardini

Sono da sempre innamorato della scherma, sport che ho praticato a buon livello per oltre quindici anni per poi viverlo in ruoli diversi: sono stato Arbitro Nazionale dal 2005 al 2013 e ho ricoperto il ruolo di referente degli arbitri per l'Emilia Romagna nel quadriennio 2012-2016; parallelamente, dal 2009, ho intrapreso la carriera magistrale e come Maestro d'armi sono responsabile del settore sciabola del Circolo Scherma Imola, dove alleno ragazzi che affrontano competizioni Nazionali e Internazionali.

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